Luogo scosceso, strapiombo, dirupo, da cui si può facilmente cadere, ci dice il vocabolario. In senso figurato, il precipizio definisce anche la rovina, il perdimento. Parola dura, che provoca turbamento.
In un’epoca in cui ci sembra davvero di vivere sull’orlo di un precipizio, abbiamo sentito, però, la necessità di riflettere sui movimenti di una società al collasso, costretta a vivere con l’instabilità degli equilibri mondiali e con la perdita di molti punti di riferimento. L’obiettivo è riflettere sulla possibilità che le incertezze e gli sconvolgimenti del nostro tempo diventino una positiva occasione per connettersi con la nostra parte più creativa ed emotiva e per proiettare lo sguardo oltre l’orizzonte cupo che si prospetta, verso nuove visioni; vivere con il collasso, insomma, non solo sopravvivere. Ma il precipizio è anche voce del continuo conflitto fra il bisogno di restare attaccati a ciò che ci è familiare e il desiderio di lasciarsi andare, mollare gli ormeggi e inseguire i nostri sogni. E se si dovesse precipitare? Si può anche risalire più forti. In greco, la parola caos, che viene dalla stessa radice di cadere, evoca uno spazio insondabile, al di là di ogni controllo, in cui ci si apre infinito all’altro. Oppure come UBU, si può vivere tranquilli sull’orlo del precipizio, senza nemmeno avere consapevolezza di ciò che accade sopra la nostra testa…
Con il consueto approccio multidisciplinare, il Festival si mette ancora una volta a servizio di una Parola, per offrire nuovi spunti di riflessione.